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Le cave

Una delle due ex cave Rizzi inattive dagli anni '70, la natura sta riprendendo possesso dell'area.
Monte Ricco Monselice - L'ape regina circondata dalle api operaie

Dalle prime preare medievali al boom estrattivo del Novecento fino all’acquisto da parte di Angelo Mandato: la storia delle cave del Monte Ricco e della loro tutela.

Il Monte Ricco racconta secoli di estrazione della pietra, dalle prime preare medievali fino allo sfruttamento industriale del Novecento. Le cave hanno segnato l’economia e il paesaggio, tra conflitti e tutela ambientale, fino alle recenti iniziative dell’ingegnere Angelo Mandato, che nel 2025 ha rilanciato il colle con progetti di riconversione sostenibile.

Origini del nome e prime testimonianze

Il legame tra Monselice e l’estrazione della pietra è radicato fin dall’antichità. Il toponimo stesso della città deriva dall’espressione latina Mons Sìlicis, cioè “monte delle pietre da selce”, con riferimento ai bàsoli utilizzati per lastricare le grandi vie consolari del Veneto a partire dal II secolo a.C. Il Monte Ricco, insieme ad altri rilievi dei Colli Euganei, rappresentava dunque una fonte preziosa di materiale lapideo già in epoca romana.

Le prime attestazioni documentarie di attività estrattive sul Monte Ricco risalgono però al XIII secolo. Nella metà del Duecento compaiono nei registri notarili i termini preare, che indicavano pietraie ricavate in mezzo a coltivazioni di viti e ulivi. L’estrazione in quell’epoca era saltuaria e di piccola scala, funzionale soprattutto alle necessità locali.

L’Ottocento e l’avvio dell’attività industriale

Per molti secoli l’escavazione rimase un’attività marginale, ma la situazione cambiò radicalmente nel XIX secolo. Nel 1875 risultavano attive sul Monte Ricco quattro cave, a testimonianza di un interesse crescente verso lo sfruttamento sistematico delle risorse.

La vera svolta arrivò con l’imprenditore Giorgio Cini che acquisì vaste proprietà sul colle. Già affermato nel settore delle infrastrutture portuali e ferroviarie, Cini avviò un’attività estrattiva intensiva, applicando nuove tecniche di scavo e ricorrendo all’uso di esplosivi. Dal 1907 furono introdotti anche strumenti moderni come i martelli pneumatici e strumenti per la perforazione ad aria compressa.

Il materiale estratto, trachite e riolite, veniva trasportato con diversi mezzi: strade, corsi d’acqua e soprattutto la ferrovia. Dal 1866 Monselice disponeva di uno scalo ferroviario che Cini sfruttò con un proprio servizio privato. Vagoni appositi erano trainati da una piccola vaporiera, soprannominata “la Rospa” per la sua forma compatta.

Vittorio Cini e l’espansione nel Novecento

Dopo Giorgio, anche il figlio Vittorio Cini proseguì e ampliò l’attività. Negli anni Trenta e Quaranta le cave del Monte Ricco e delle zone limitrofe alimentarono importanti progetti infrastrutturali, fornendo materiali per ferrovie e opere stradali.

Nel 1947, alla fine della Seconda guerra mondiale, Vittorio Cini decise di donare il Monte ai Frati Minori Conventuali del Santo di Padova. Prima della donazione, cedette i terreni pedecollinari a condizioni favorevoli agli ex dipendenti, che a loro volta li vendettero rapidamente a nuovi scavatori.

In questo periodo sorsero ulteriori cave moderne, come quella detta “delle more” a San Vito e quella della Solana. La pietra estratta veniva sempre più destinata a usi industriali, in particolare come pietrisco per il settore edilizio e le grandi opere pubbliche.

Il boom estrattivo del dopoguerra

La rinascita economica del secondo dopoguerra portò a un’ulteriore moltiplicazione delle cave. Negli anni Cinquanta e Sessanta, nel solo comprensorio euganeo si contarono circa sessanta siti estrattivi attivi.

La domanda era alimentata sia dall’espansione edilizia sia da eventi specifici. L’alluvione del Polesine del 1951 rese necessario un ingente fabbisogno di pietra per argini e opere di contenimento. Inoltre, la costruzione dell’autostrada Bologna-Padova richiese enormi quantità di materiale da riempimento e consolidamento.

Questo sviluppo, se da un lato sostenne la crescita economica locale, dall’altro comportò conseguenze pesanti sul piano ambientale e paesaggistico. Le cave trasformarono profondamente l’aspetto del Monte Ricco e dei colli circostanti, intaccando equilibri naturali e cancellando tracce storiche precedenti.

Conflitti con i frati e conseguenze sul territorio attorno alle cave del Monte Ricco

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta lo sfruttamento delle cave del Monte Ricco raggiunse livelli sempre più aggressivi, con conseguenze rilevanti sul territorio. L’intensa attività estrattiva provocò frane e smottamenti, mettendo a rischio la sicurezza dei residenti e causando l’invasione illegale di spazi appartenenti ai Frati Minori Conventuali di Sant’Antonio.

I religiosi, nel 1960, decisero di ampliare e trasformare radicalmente la villa, già utilizzata come sanatorio per confratelli anziani, in una Casa per esercizi spirituali.

Le tensioni con i cavatori proseguirono e sfociarono in ripetute azioni legali. Solo nel 1970, dopo ulteriori scontri giudiziari, i frati ottennero come risarcimento il riassetto e l’asfaltatura della strada di accesso al colle.

Le tensioni con i cavatori proseguirono e sfociarono in ripetute azioni legali. Solo nel 1970, dopo ulteriori scontri giudiziari, i frati ottennero come risarcimento il riassetto e l’asfaltatura della strada di accesso al colle.

La legge Fracanzani-Romanato e la fine dello sfruttamento

Le pressioni dell’opinione pubblica e l’evidente impatto ambientale spinsero lo Stato a intervenire. Con la legge n. 1097 del 1971, nota come “legge Fracanzani-Romanato” dai nomi dei parlamentari promotori, venne vietata l’apertura di nuove cave nel comprensorio euganeo e furono avviate le procedure di chiusura di quelle esistenti.

Questa normativa segnò la fine della stagione estrattiva del Monte Ricco e rappresentò una tappa fondamentale nella tutela del paesaggio dei Colli Euganei.

Dalla tutela al riconoscimento internazionale delle cave del Monte Ricco

Negli anni successivi, l’attenzione si spostò dal mero sfruttamento alla valorizzazione ambientale e culturale. Nel 1989 fu istituito il Parco Regionale dei Colli Euganei, che comprese anche il Monte Ricco tra le aree da proteggere.

Più recentemente, nel 2024, i Colli Euganei hanno ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di Riserva della Biosfera Mab, confermando l’importanza internazionale di questo patrimonio naturalistico e storico.

Angelo Mandato: acquisto e riconversione delle ex cave

Nel 2025, l’ingegnere Angelo Mandato, socio privato di SESA e proprietario dell’Eremo di Santa Domenica, ha acquisito due ex cave sul Monte Ricco: Mardegan Rizzi (17 ettari) e Sociale Rizzi (23 ettari) con l’obiettivo di impedire che si trasformassero in discariche per terra di scavo e di rilanciarle come spazi dedicati all’educazione ambientale e alla collettività.

Riguardo alla ex cava Mardegan Rizzi, Angelo Mandato ha sottolineato l’importanza sociale del progetto: “Vogliamo che il Monte Ricco continui a essere un punto di riferimento per l’educazione ambientale. La nostra proposta di acquisto è stata scelta proprio per il suo valore sociale. L’obiettivo è rendere il colle fulcro di attività naturalistiche e iniziative per la collettività.”

Il piano prevede la messa in sicurezza delle aree e la predisposizione di infrastrutture come laboratori, campi scout e attività con animali nella ex cava Mardegan Rizzi; mentre nella cava Sociale Rizzi si interverrà per valorizzare una risorgiva naturale e i manufatti legati all’escavazione, trasformando il sito in un museo a cielo aperto di archeologia industriale.

In sintesi, l’iniziativa di Mandato rappresenta un significativo passo nella riconversione del patrimonio estrattivo del Monte Ricco verso finalità culturali, educative e naturalistiche, restituendo al colle un ruolo attivo nella vita comunitaria e nella tutela dell’ambiente.

Le cave del Monte Ricco: una parte della storia economica di Monselice

La storia delle cave del Monte Ricco testimonia il profondo legame tra Monselice e la pietra. Dall’origine del toponimo Mons Sìlicis all’attività medievale delle preare, dallo sfruttamento intensivo dell’Ottocento al boom estrattivo del Novecento, fino all’intervento legislativo del 1971, l’estrazione lapidea ha segnato lo sviluppo economico e il paesaggio del colle.

Oggi, grazie alla tutela ambientale e ai riconoscimenti internazionali, il Monte Ricco è entrato in una nuova fase della sua storia: da luogo di sfruttamento industriale a simbolo di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale.

Scorci e luoghi da non perdere

Camminare sul Monte Ricco è come sfogliare un libro a cielo aperto. Ogni passo racconta qualcosa di diverso: natura, storia, panorami. Dal centro di Monselice fino alla cima del colle, il percorso offre tappe interessanti e paesaggi suggestivi.

Scopri cosa vedere lungo il percorso!

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